lunedì 1 ottobre 2018

Dagli amici mi guardi Dio......diceva Tucidide (ovvero : "fenomenologia di Mottarone.org)



Dice Marco Farina -anfitrione del Mottarone, nonché animatore della premiazione più lunga della storia (roba che schianterebbe un monaco zen)- : “il Mottarone è una metafora della vita : come la vita è dura, ma con gli amici è tutto più facile”.

E mentre scodella questa perla di saggezza al nostro Marco gli vengono pure due lucciconi.

BALLE!
FAKE NEWS!
CONDIVIDI SE SEI INDIGNATO! (scusate, questa mi è scappata)

Ma le commoventi frasi di Marco, roba da crisi iperglicemica, sono comunque BALLE! Create ad arte con uno scopo ben preciso :  per attirare i nuovi venuti, quelli che rientrano ancora nella categoria dei “semplici conoscenti”, che possono cadere facili prede di questa languida retorica da strapazzo.

Ecco cosa è la cronoscalata del Mottarone : una trappola per “semplici conoscenti”.

In realtà chi il Mottarone lo frequenta  da tempo (e sempre verso fine settembre) in occasione della cronoscalata sa benissimo che c’è una sola cosa che per le proprie coronarie è peggiore di scalare il Mottarone.
Ed è scalare il Mottarone “tra amici”.



Il “Semplice Conoscente” che capita per la prima volta nel gruppo (ormai foltissimo) dei partenti, non sa cosa è accaduto nelle ultime settimane. Non sa di spedizioni a Baveno in gran segreto durante i mesi estivi  (alcuni pare si allenino in notturna anche sulla Valcava….così per rodare la gamba nel più assoluto mistero), non sa di allenamenti con Strava “accecato” per non condividere i propri progressi, di salite a Levo fatte a tutta manetta col Garmin lasciato al parcheggio per non segnare i km e il dislivello.Non sa di diete arcigne e di lotte mattutine con la bilancia. Non sa di incontri casuali in vetta, quelli in cui si dice nascondendo la bici “io son salito in funivia solo per mangiare la polenta” (poco credibile se uno è sudato come un cammello e vestito di lycra attillata - Rapha only, per carità!).

Fasi di studio "amichevole"

Il “Semplice Conoscente” guarda la combriccola di amici festanti e tutto questo non lo sa. Li vede che si danno amichevolissime pacche sulla schiena e che si ripetono l’un l’altro “io oggi son qui solo per passeggiare” (ed infatti ha addirittura tolto le viti del portaborraccia per alleggerire la bici), “io invece quest’anno non ho km nelle gambe” (e certo, i KM se li è lasciati tutti dietro le spalle dato che ne ha fatti più in bici che in auto), e poi l’ineffabile “a me basta solo arrivare in cima, che tanto ogni volta è una conquista” o l’esagerato “ a me piace moltissimo questa cronoscalata perché il panorama è spettacolare” (ma quando mai hai il tempo di guardare il panorama,  se il tuo orizzonte visivo è al massimo esteso al decimetro quadro di asfalto sotto la ruota davanti e al massimo scruti per un fuggevole attimo la faccia dell’”amico” lì vicino sperando di distinguere in una minimo tremolio del falso sorriso i segni del cedimento fisico imminente)

Il “Semplice Conoscente” osserva sorridente il gruppo di allegri “amici” e nota confortato la moltitudine di gambe pelose (la gamba depilata tradisce lo spirito agonistico, quindi mai presentarsi depilati al via del Mottarone!). Salvo poi avere qualche dubbio quando vede che i peli sono di ricrescita recente e che sotto i polpacci coperti di pallida fresca  peluria  guizzano muscoli torniti. Dubbio che si rafforza notando bici che sembrano astronavi da decine di migliaia di euro attrezzate con bigliettini con i passaggi cronometrici dettagliati ai vari punti cruciali della salita.

Ma in fondo il “semplice conoscente” è fiducioso e scaccia questi pensieri preoccupanti. Dai, siamo tra “amici”! E infatti cerca un amichevole prezioso compagno di salita, spesso lo stesso che lo ha invitato. E si accorda per salire insieme, allo stesso passo, per godersi lo spettacolo. Ma l’allegra e ingenua fiducia del “semplice conoscente” si spegne non appena vede l’”amico” scattare al via come se non ci fosse un domani, al grido di “andiamo su regolari!”




Il “Semplice Conoscente”  ascolta con attenzione le raccomandazioni di Gianfranco prima del via, quando il gruppo ribolle di tensione (ma il “semplice conoscente” non la percepisce); e quindi si appresta a partire con cautela, prestando attenzione alle possibili auto in arrivo da sopra o sotto, e senza invadere la corsia opposta, e facendo attenzione a chi ha accanto etc etc. Ma Poi Gianfranco grida  “ok allora tre ..due …” PUM! Il gruppo salta come un tappo di champagne! Ed ecco il “prudente semplice conoscente” che  vede sfrecciare alla sua destra, sinistra, sopra e sotto tanti piccoli Froome in piena trance da “primo km”, che insultano le auto in arrivo dopo averle indotte a gran gesti ad abbandonare la propria corsia.

Il “Semplice Conoscente”  sa che dopo la prima parte della salita, quel gradevole assaggio del piatto di giornata che arriva fino a Levo, c’è un tratto di falsopiano. Ma non sa che in questo sabato su quel falsopiano in bici si toccano velocità motoristiche. In fondo se è da 20 minuti che vedo il culo del mio “amico” che ondeggia lì più su davanti a me e non riesco ad acchiapparlo,  quale posto migliore del falsopiano di Levo per superarlo di slancio sorridendogli beato (e un po’ bastardo)?

Il “Semplice Conoscente” non conosce bene la salita e quindi tira un gran sospiro di sollievo quando il suo “amico”, al quale è riuscito con enorme fatica a tenersi attaccato coi denti, gli dice poco prima della sbarra : “ecco adesso un breve falsopiano in discesa ed è finita”. E quindi sorride ignaro mentre scende verso l’attacco della parte più dura della scalata. Salvo farsi qualche domanda sulle qualità morali dell’”amico” dopo una ulteriore ora abbondante di spolmonamento ansante senza che ancora si veda la vetta.


Il “Semplice Conoscente” tutte queste cose non le sa. Ma le impara la prima volta. Il primo Mottarone è una cerimonia di passaggio, una sorta di rito di iniziazione dopo il quale niente è più lo stesso. Cambiano le prospettive sugli amici, lo sport, la natura.
Arrivi che sei un beato e ottimista “semplice  conoscente” per il quale gli amici sono importanti sostegni, lo sport è sano e la natura è amica.
Riparti da Baveno che hai l’occhio socchiuso e diffidente di chi orami è passato dallo stadio di “semplice conoscente” allo stadio (irreversibile) di “amico”. E per te ormai se l’”amico”  ti sostiene un po’ è per avere il gusto di spostarsi poi all’improvviso di lato,  e lo sport è quella cosa che ti puo’ portare dritto al composanto e la natura….bè la natura ha creato il Mottarone : natura amica???

All'arrivo "freschi come roselleine"


E poi dai, diciamocelo, davvero ‘sto Mottarone è bastardo : non solo dura 20 km che non finiscono mai, non solo ti illude per ben due volte che sia finita e invece dopo ti presenta lunghi tratti di pendenze a due cifre, non solo ha l’ultimo tornante più cattivo che conosca, che sbuca nel rettilineo largo che maschera vigliacco la pendenza al più del 10% quando ormai le energie sono al lumicino, non solo tutto ciò. In più non ti da nemmeno una minima soddisfazione quando sei in cima.

Ma porca zozza, in qualsiasi altro misero collettino o passo si trova un bel grande cartello che proclama il nome del passo e l’altimetria. E ecco lì che vedi orgogliosi ciclisti che si fotografano davanti al “Colle Altissimo (m.185)”. E qui arrivi in cima , cerchi un segno della vetta, una testimonianza del tuo successo e cosa trovi? Il cartello scalcagnato e semiarrugginito con scritto “benvenuti al Mottarone” Ma benvenuti deche?  Quella salita rognosa che mi morde ancora le gambe era il benvenuto? E poi dai ….il nome : “Mottarone” ma che nome è? Manghèn! Stelvio! Kaunertal! Questi sì che sono nomi che incutono rispetto! Ma Mottarone? E poi sul cartello dov’è il numerino magico della quota? La foto sotto il cartello “benvenuti al Mottarone” ricorda una gita in pulman del dopolavoro (con utile presentazione di pentolame durante il tragitto) altro che epica impresa ciclistica!  

Ma il “Semplice Conoscente” queste cose non le sa. D’altro canto, è ancora un semplice conoscente. E non sa che, una volta che avrà superato la linea d’ombra del primo Mottarone poi non potrà più farne a meno. E anche lui, come gli altri “amici” ruoterà le sue vacanze e i suo impegni in funzione dell’allenamento per la “scalata più bella che ci sia”; quella a cui d’ora in poi non  vorrà mai mancare; nemmeno dopo vent’anni.


giovedì 14 giugno 2018

Pedalando tra Gallipoli, cognati, trulli e piccole Dolomiti


La Jordy adventures è una dinamica agenzia di viaggi specializzata nella organizzazione di percorsi ciclistici con supporto logistico. Ne conosco l’affidabile management e quindi ho aderito con entusiasmo all’invito della combriccola di amici che ogni anno si ritrova per pedalare in compagnia lungo strade scoperte dalla Jordy Adv.. E’ la mia terza partecipazione (l’ultima fu qualche anno fa e finì per me poco gloriosamente con un bel volo e annessa clavicola scassata dopo solo un giorno). Insomma un’ottima occasione per portare allegramente a spasso le giberne su è giù per qualche misconosciuto tratturo.


Gruppo Lucania 2018 

 Programma : giro in  Basilicata e Puglia, per la maggior parte all’interno del Parco naturale di Gallipoli e Cognato (che, come è ovvio, non si trova vicino a Gallipoli e non è mai stato sposato, quindi niente cognati).


Arriviamo in albergo a Barile, in Vulture, giusto in tempo per la cena  per dare un’occhiata alle bici che ci hanno raggiunto nel BatFurgone guidato da Dragan : se Jordy, la nostra guida, è Batman, allora Dragan è Robin. E come Robin interviene e sbroglia le situazioni in cui Batman da solo “gnaafà”.
Per quanto mi riguarda, durante il breve volo per Bari avevo cominciato a sentire un certo malesserino non ben definito. Malesserino che durante la notte evolve in un tripudio di scarichi organici, brividi, febbrona e sudori freddi. Ottimo come viatico per il giro no? Ed infatti decido che trascorrero’ il primo giorno in furgone. Niente pedale, per me, sono un vero straccio.




Ma la giornata in furgone comodamente seduto a fianco di Dragan al seguito del gruppo pedalante è stata comunque divertente. E’ come partecipare ad un “dietro le quinte”, e , come in ogni “dietro le quinte” si fanno interessantissime scoperte. In primo luogo : Dragan ha attrezzato il furgone come la Batmobile : due navigatori (uno dei quali gli penzola davanti al naso) e un numero imprecisato di cellulari che pigolano e squillano in continuazione. Il Batfurgone è grosso ma Robin lo guida con scioltezza su per i bricchi senza alcun timore : si infila tranquillo in strettoie angolose, divieti di transito e pendenze ridicole. 

Momento di temporaneo relax...

Mentre lui svicola sui sentieri di montagna scovati dal maligno Jordy (alcuni con pendenze superiori al 20%), è impegnato a rispondere alle chiamate di emergenza dei vari ciclisti che, in queste circostanze, si rivelano dei colossali rompicoglioni. C’è chi chiama perché non sa dov’è (“ma hai la traccia gps sul Garmin no? Ecco…sei il puntino che si muove quando ti muovi”), chi chiama perchè si vuole fermare a mangiare (“ma siamo partiti mezz’ora fa!” ), chi chiama perché vuole sapere se manca molto all’albergo (…), chi chiama perché ha bucato, chi chiama perché la chiamata è partita per sbaglio verso il numero di Dragan-Robin che è un numero predefinito per questi giorni.


Rifornimento al volo


Poi arriva la chiamata che non vorresti arrivasse : Enrico è stato aggredito e morso da un cane salendo verso il passo delle Crocelle. Azz! Individuato il punto,  Dragan parte a cannone  e io mi sento proprio nel pieno della azione di soccorso, anche se, vista la velocità e la strada, non vorrei che prima o poi dovessero mandare dei soccorsi per noi soccorritori. In effetti il buco che ha Enrico sul polpaccio è abbastanza profondo : si parte quindi per il Pronto soccorso all’ospedale a Potenza. Enrico : “Dottore un cane mi ha morso il polpaccio” “uhmmmm….vedo. Ci ha messo su qualcosa? ”  “no, dottore,  gli è piaciuto così”. 


Antitetanica, antibiotici e sterilstrips per tenere insieme i lembi della ferita. Pare che i cani delle zone limitrofe apprezzino il ”Polpaccio del ciclista” ritenuto specialità locale. In effetti se ho in mente alcuni di noi, immagino che un cane possa rimanere affascinato da dei succulenti prosciutti a pedali (quando non dalle mie robuste giberne). Ma Enrico, poverino, prosciugato da anni di ultratrail, ha ben poca ciccia attaccata alle ossa. Si vede che era un cane in dieta : (“do’ un morsetto al grissino qui …,ma  lo assaggio solo…”)





Il giorno dopo Enrico risale stoicamente in sella, ignorando i consigli di alcuni che gli suggerivano di tatuarsi un osso sull’altro polpaccio o di spalmarselo con la mortadella, così, per indurre qualche altro cane a riportare un po’ di simmetria tra le gambe. E sono in sella anch’io, curioso di vedere come va dopo il giorno di riposo.Riposo si fa per dire, con il Batfurgone non si è mai fermi : e fai la spesa, e allestisci il pantagruelico ristoro, e raccogli le cartacce, e riparti per caricare chi ha deciso di non chiedere di più alle proprie chiappe….etc etc. Già dopo le prime curve il gruppo è sgranato. 

La salitella bastarda di Pignole

Riccardo scalpita

Io sono convinto di procedere di grande conserva viste le condizioni e la tappa importante (circa 100km e 2200 m di dislivello).E’ per questo che lungo la prima salita di giornata mi trovo a pedalare a fianco di Carlo (allenatore di sciatori professionisti, e, ovvio, forte ciclista) che sale tranquillo (lui, non io)  verso il primo scollinamento di giornata.





Qui metto in atto la mia tattica classica : far parlare il socio. In fondo basta ogni tanto grugnire uno stitico  “ma va laà……?” per tenere viva la conversazione anche a senso unico. Io nel frattempo cerco di non sputare troppi pezzi di polmone dissimulando la fatica con stile. Poi, all’approssimarsi del passo,  Carlo allunga solo un pochino il ritmo e io lo vedo poco a poco allontanarsi mentre continua cortesemente a parlare, pero’ con nessuno. Ma intanto la prima salita di giornata è alle spalle e non sto poi male come temevo. Mancano in fondo solo 75km e altri 1500m di salita : quasi finito quindi. Non : “è” quasi finito; bensì un più consono :“sono” quasi finito.


Claudio....beccato!



L’arrivo a Castelmezzano è spettacolare : sembra di planare su di un presepio. L’ammirazione per la JordyAdventures è ai massimi : ma dove li scova questi posti e queste strade? Dico, oggi avremo incontrato non più di una decina di macchine e abbiamo pedalato su e giù in mezzo a spettacolari imponenti faggete secolari, con gruppi di cavalli bradi in libertà e l’onnipresente profumo delle ginestre.Colli, gole, torrenti, radure,accompagnati solo dal fruscio della ruota libera (e da qualche sporadico mormorio intestinale di chi si commuove di fronte a tale bellezza).


Castelmezzano, oltre ad essere un borgo fiabesco, presenta anche una particolare attrazione  : il volo dell’Angelo. Una zipline doppia di 1,5 km che unisce CaStelmezzano a Petrapertosa e consente un viaggio di andata e ritorno volando a 500 m di altezza attaccati ad un cavo a più di 100km all’ora. Io soffro di vertigini, mal sopporto rimanere appeso e non mi piace molto la velocità : quindi per me è l’esperienza ideale no? E? per questo che mi son fatto trascinare dagli altri no? E’ per questo che ora sono qui con Davide che, anche lui, vive con terrore gli ultimi preparativi prima del lancio mentre gli altri se la ridono di gusto. Ed infatti eccomi che mi faccio infilare come un salame in una imbragatura da insaccato, attaccata ad una carrucola, con in testa una ridicola cuffietta di pizzo sotto un casco di sicurezza (ma sicurezza di che? se si stacca a carrucola e cado da 500 m mi devo mettere di testa per attutire l’urto col casco?). 


Salsiccia volante in decollo

Abbiamo tutti un aspetto ridicolo, sembriamo salsicce volanti con le cuffie di pizzo: se dovessi cadere spero proprio che la foto sulla tomba non sia quella che ci facciamo prima del lancio; non vorrei costringere la gente a trattenere le sghignazzate al funerale. L’esperienza  pero’ è fulminante : pronti via e in un attimo voli,  non fai in tempo ad accorgertene che sei già arrivato (tra l’atro prendendo una tega micidiale). Ta-PUM : tutto finito. Dura 1’10” ma sembrano solo 5 secondi. Tant’è : da qui in poi il gruppo si dividerà tra coloro che hanno fatto il volo (quelli che hanno i coglioni) e quelli che non l’han fatto (quelli che non sono coglioni).



La terza tappa ci porta a Matera, anche in questo caso iniziando tra strade di montagna deserte che si avvitano verso l’alto tra boschi e pinnacoli di roccia.















Come al solito il gruppo dopo poco si sgrana per ricompattarsi alla primo pit stop di giornata, poco prima della discesona verso la Via Appia. Mi ritrovo con Michele (minchia, Michele!) e Matteo e sui lunghi rettilinei riusciamo a darci bene i cambi. Tanto bene che dopo un po’ ci accorgiamo di essere del tutto fuori strada. Un rapido check con Dragan lo conferma. Che si fa? Un cartello  dice che a Matera mancano 18 km. Fa caldo e Michele e Matteo decidono di continuare verso il traguardo. Io invece mi giro e ritorno sul tracciato originale che prevede un rinfrescante (spero) lungolago, lungo, appunto, il lago di San Giuliano.



Grande idea, la mia. Il lungolago di fatto è una strada che si limita a costeggiare il lago da lontano, tra campi di grano bollenti e continui saliscendi. Sono solo e ho pure finito l’acqua. Di fontane nemmeno a parlarne. Il bar più vicino è a Matera. Quindi decido di infilarmi in un vialetto per chiedere dell’acqua in una fattoria. Vengo accolto da un basso borbottio che si trasforma in un ringhio. Tre simpatici pastori maremmani mi vengono incontro mostrando i denti, e non per sorridermi. Azz! Scendo dalla bici e la metto tra me e loro, arretrando con calma (si fa per dire). Poi mi viene un’idea : fingo di guardare lontano e grido “Ecco che arriva Enrico!” I cani partono in quella direzione e io mi defilo. Si vede che nel mondo canino si è sparsa la notizia e il polpaccio di Enrico è stato apprezzato.






Matera mi accoglie con uno scroscio di pioggia. Ma dai…in fondo siamo arrivati. Mica tanto. Usare il gps a Matera è come giocare a shangai con i guantoni da boxe. Qualsiasi cosa fai, sbagli. E le pietre del sasso baresano sono scivolose come sapone. Per fortuna abbiamo le scarpette da bici,che, come noto, hanno una grande tenuta. Scopro poi che la stessa disavventura è capitata più o meno a tutti noi. Le tracce dei nostri Garmin a Matera sembrano quelle di gatti schizofrenici : di là, di qua, avanti, indietro, sempre fuori bersaglio. Fortunatamente l’albergo prenotato dalla JordyAdv è spettacolare. Una camera ha addirittura un locale jacuzzi scavato nel tufo.
 L’immagine di Lello nudo come un verme bicolore immerso nella vasca con le bolle (non si sa se la Jacuzzi fosse accesa) è una di quelle cose con cui potremo tutti ricattarlo per gli anni a venire.












Da Matera partiamo per Cisternino, di nuovo al completo dato che Ricki è riuscito a farsi aggiustare la bici. Un inconveniente da nulla. Ricki, filiforme atleta  noto per la pedalata leggera e delicata, ha sradicato il cambio dal forcellino triturandolo in mezzo ai raggi. Ma grazie ad un intraprendente meccanico locale è qui che pedala, usando pero’ il cambio con un po’ di circospezione.



Serio professionista in trasferta

Da Matera a Cisternino sono chilometri in teorica discesa, niente montagna oggi, ma solo mangiaebevi spaccagambe. Ammirevole la tattica suicida di Claudio che ad ogni minimo strappetto si lancia in uno scatto come non ci fosse un domani. Non so se il suo cardiologo apprezzerebbe. Ma ha energia da vendere visto che è partito con una intera dispensa nelle tasche, dalle quali ad un certo punto estrae anche un uovo sodo che si divora con allegria. Io mi mantengo nelle retrovie mentre lì davanti si spolmonano senza pietà : ma non fa per me. Ho provato a tenere un rilancio in salita con Marco (uomo dalla potenza devastante, teorico del 71- chi c’è sa a cosa mi riferisco) ma l’unico risultato è stato tenere la sua ruota per pochi secondi salvo poi spegnermi inesorabilmente con un rantolino.




Nel frattempo laggiù, Riccardo “hors categorie”, viaggia su suoi ritmi inarrivabili. Deve farlo altrimenti il coach stasera gli scruta Strava e lo cazzia. A volte, prima di cena,  lo vediamo che compulsa nervosamente l’iPad con Strava, forse per taroccare le medie (che con noi al seguito sono inevitabilmente basse) per evitare il cazziatone del coach a distanza. Insomma, una vita dura.






Cisternino ci accoglie nel più puro stile JordyAdv : una masseria spettacolare, con prati verdissimi, agavi, ginestre e aperitivo a bordo piscina di 30 metri a sfioro. La vera goduria del ciclista. Non so che cosa avranno pensato i pochi clienti stranieri presenti, dall’aria molto british, di fronte alla invasione di energumeni in costume con abbronzature improponibili (del tipo mottarello a righe).


Per fortuna abbiamo resistito alla tentazione di fare gare di tuffi a bomba. Il bavone ci ha sconsigliato. A cena mi ritrovo seduto di fronte a Davide, amabile chiacchierone. Dopo circa mezz’ora Lello propone al gruppo di prendere a rotazione il mio posto di ascoltatore, tanto Davide va avanti comunque. Si interrompe solo per il brindisi al titolare della  Jordy Adventures, che ha festeggiato ieri il compleanno. 





L’ultima tappa è uno scherzetto, con discesa verso il mare per chiudere in bellezza, passando per Alberobello.  Bastano 50 km e un po’ di saliscendi per convincerci a puntare con decisione verso la costa dove ci spiaggiamo su una terrazza sul mare (nel vero senso del termine). Alcuni hanno preferito non partire e andare in spiaggia in taxi e quindi siamo a ranghi ridotti. 




Compulsando watt e pendenze


Questi quota 100 non sanno cosa sia





Vecchi a confronto


Spiaggiati

Dopo un po’ di birre e dei panini (con Davide che respinge le avances ancheggianti di una simpatica ninfomane settantenne in bikini e coi capelli rosa che pare apprezzare molto i ciclisti, mentre Marco punta una più potabile trentenne) prendiamo la decisione più coraggiosa della giornata. La strada di ritorno è tutta in salita e sotto il sole, ergo : si torna in furgone. Solo Marco ed Alberto rimettono il culo in sella e partono per il loro personale golgota. Mentre in 3 si strizzano a fianco di Dragan, altri 4 (Davide, Jordy, Carlo ed io) ci accomodiamo nel retro del furgone tra le bici e il sacco del ruffo, sul quale mi accomodo io. 

Aperitivo prima del volo

Sarebbe una roba che se ci fermano ritirano a Dragan la patente, il libretto, il furgone e le mutande. Cerchiamo quindi di passare inosservati, limitandoci a dare aria aprendo il portellone ogniqualvolta Jordy minacciava “ragazzi, devo tuonare” (informazione accolta dalle giuste rimostranze dei presenti). Sicuramente gli automobilisti che ci seguivano avranno pensato di avere incrociato un furgone carico di clandestini  (guidato da un serbo, poi….) : avrebbero cambiato idea solo se avessero sentito l’accento di Carlo al cui confronto Salvini sembra un vero terrone.




Finisce così, con un inglorioso ma divertente trasferimento furgonato il giro Lucania 2018.

E ora i ringraziamenti di rito : Albert-ino per il servizio fotovideo; Enrico-Dogman per il supporto alimentare alla fauna locale; Pier-lasalitalafaccioinfurgone per la ronzante presenza del drone; il Bavone per i periodici richiami alla sobria eleganza; Daniele per la fuga in maglia rosa; Davide per l’inesauribile parlantina (si cerca tuttora il pulsante OFF); Lello per la serietà in ogni occasione, soprattutto con le ciabatte come orecchie sotto il casco in posa da Flash Gordon; Michele per …minchia, Michele!; Matteo perché uno giovane e figo nel gruppo ci deve essere; Claudio per la abilità nello smontare (e NON rimontare) la bici; Ricki per la pedalata leggera; Riccardo per la pedalata frenetica;  Carlo per la stima che nutre per la Federazione Sci; Marco per la bici più cara del mondo; Albert-one, originale creatore del gruppo, per la inarrestabile perseveranza (furgone? MAI!). Ma soprattutto Batman- Jordy che riesce, non si sa come, sempre a trovare le strade più strette e più pendenti da inserire nel giro (si ricorda il leggero strappetto di Pignole difficile da fare anche a piedi) e l’inesauribile Robin-Dragan , unico uomo  che riesce a domare con tranquillità l’orda dei ciclisti affamati all’assalto del furgone ad ogni “stop panini”. 

Povero Dragan, che pazienza: temo che, tornato a Milano, al primo ciclista che incrocia lo punta e lo investe. Così, tanto per togliersi una soddisfazione.

Alla prossima.